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380 orlando innamorato [St. 55-58]

         Perchè, fingendo la faccia vermiglia
     E gli occhi quanto io pote’ vergognosi,1
     Con quel parlar che a pianto se assomiglia,
     Nanti al mio patre ingenocchion mi posi,
     E dissi a lui: Segnor, s’io son tua figlia,
     Se sempre il tuo volere al mio preposi,
     Come fatto ho di certo in abandono,2
     Non mi negare a l’ultimo un sol dono.

         Questo serà che non me dia marito
     Che prima meco al corso non contenda;
     E sia per legge fermo e stabilito
     Che il vincitor per sua moglie mi prenda;
     Ma fa che ’l vinto sappia che il partito
     Sia di lasciar la vita per amenda,
     E sia palese per tutte le bande:
     Chi non è corridor, non me domande.

         Questa richiesta fu crudele e dura,
     Ma non la seppe il mio patre negare,
     E fecela per voce e per scrittura3
     Quasi per l’universo divulgare.
     Ora me tenni lieta e ben secura
     Poter marito a mia voglia pigliare,
     Perchè io son tanto nel corso legiera,
     Che apena è più veloce alcuna fiera.

         E mi ricordo che nel prato piano
     Che è presso alla città di Damosire,
     Presi una cerva, correndo, con mano,
     Et altre cose assai che non vo’ dire.
     Or, come io dissi, Ordauro, quel soprano,
     Con Folderico insieme ebbe a venire.
     L’uno è canuto e di molti anni pieno,
     L’altro nel viso angelico e sereno.

  1. T. puoti.
  2. Ml. e Mr. o fatto o di; P. ho fatto di.
  3. Ml. e Mr. fecila. — Ml. e Mr. al prato; P. già al.