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382 orlando innamorato [St. 63-66]

         Chè quel metallo in vista è sì iocondo,1
     Che la più parte del mondo disvia;
     Et era sì volubile e ritondo,
     Che de pigliarlo gran fatica avia.
     Io presi il primo, e lui gettò il secondo,
     Fuggendomi davanti tuttavia,
     Dove ebbi assai fatica, e ad un ponto
     Questo pigliai et ebbilo ancor gionto.

         Io l’ebbi gionto, et eravamo al fine2
     Della affannata corsa e faticosa;
     E già le tende bianche eran vicine,3
     Dove, compìto il corso, se riposa.
     Fra me dicea: Convien che io me destine
     A dietro non tornar per altra cosa;
     Non tornaria per tutto il mondo un dito,
     Chè un vecchio non voglio io per mio marito.

         Passar me lassaraggio al giovanetto,
     E lui davante vo’ lasciare andare;
     E questo brutto vecchio e maledetto,4
     Che è sì canuto e vôlsi maritare,
     La forma lasciarà del bacinetto;
     E già questa ora mille anni a me pare
     Che Ordauro meco nel corso contenda,
     Et io lo baci e per vinta mi renda.5

         Così parlava meco nel mio core,
     Alegra, già vicina alla speranza,
     Quando il vecchio malvaggio e traditore
     Il terzo pomo della tasca lanza;
     E tanto me abagliò col suo splendore,
     Che, benchè tempo al corso non me avanza,
     Pur venni adietro e quel pomo pigliai,
     Nè Folderico più gionsi giamai.

  1. T. qual.
  2. Mr. E lhebbe gionto et erami.
  3. T. era.
  4. Mr. e P. Ma.
  5. Mr. basi per mia vinta; Ml. e vinta mi; P. e vinta a lui mi.