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orlando innamorato |
[St. 63-66] |
Chè quel metallo in vista è sì iocondo,1
Che la più parte del mondo disvia;
Et era sì volubile e ritondo,
Che de pigliarlo gran fatica avia.
Io presi il primo, e lui gettò il secondo,
Fuggendomi davanti tuttavia,
Dove ebbi assai fatica, e ad un ponto
Questo pigliai et ebbilo ancor gionto.
Io l’ebbi gionto, et eravamo al fine2
Della affannata corsa e faticosa;
E già le tende bianche eran vicine,3
Dove, compìto il corso, se riposa.
Fra me dicea: Convien che io me destine
A dietro non tornar per altra cosa;
Non tornaria per tutto il mondo un dito,
Chè un vecchio non voglio io per mio marito.
Passar me lassaraggio al giovanetto,
E lui davante vo’ lasciare andare;
E questo brutto vecchio e maledetto,4
Che è sì canuto e vôlsi maritare,
La forma lasciarà del bacinetto;
E già questa ora mille anni a me pare
Che Ordauro meco nel corso contenda,
Et io lo baci e per vinta mi renda.5
Così parlava meco nel mio core,
Alegra, già vicina alla speranza,
Quando il vecchio malvaggio e traditore
Il terzo pomo della tasca lanza;
E tanto me abagliò col suo splendore,
Che, benchè tempo al corso non me avanza,
Pur venni adietro e quel pomo pigliai,
Nè Folderico più gionsi giamai.
- ↑ T. qual.
- ↑ Mr. E lhebbe gionto et erami.
- ↑ T. era.
- ↑ Mr. e P. Ma.
- ↑ Mr. basi per mia vinta; Ml. e vinta mi; P. e vinta a lui mi.