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308 orlando innamorato [St. 35-38]

         Il conte, entrato, gli vede a sedere
     Ad una mensa che è posta tra loro,
     E sopra quella da mangiare e bere,1
     Con gran piatti d’argento e coppe d’oro.
     Come ciò scorse Orlando, a più potere
     Sprona il ronzon per giongere a costoro,
     E ben seguìto lo tenean le dame,
     Chè l’una più che l’altra ha sete e fame.

         Via van trottando per giongere a cena,
     Ma prestamente fia ciascuna sazia.
     Or vanne il conte, e con faccia serena
     A que’ ribaldi disse! Pro vi faccia.
     Poi che fortuna a tale ora mi mena
     In questo loco, prego che vi piacia
     Per li nostri dinari, o in cortesia,2
     Che siamo a cena vosco in compagnia.

         Il re de’ Lestrigoni, Antropofàgo,3
     Odendo le parole, levò il muso.
     Questo avea gli occhi rossi come un drago,
     E tutto di gran barba il viso chiuso;
     De veder gente occisa è troppo vago,
     Come colui che tutto il tempo era uso
     Matina e sera di farne morire,
     Per divorarli e il suo sangue sorbire.

         Quando costui odì il conte parlare,
     Veggendolo a destriero e bene armato,
     Dubitò forse nol poter pigliare,
     Onde li fece loco a sè da lato,
     Pregando che volesse dismontare;
     Ma il conte aveva già deliberato,
     Se lo invitasse, de accettar lo invito,
     Se non, pigliar da cena a ogni partito.

  1. P. quella è.
  2. Ml. e Mr. danari.
  3. T., Ml. e Mr. Listrigona.