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Fra i molti e importanti lavori di cui il Capocci dette lettura in seno all’istituto scientifico napolitano merita particolare ricordanza una sua memoria (in parte pubblicata negli Annali Civili, 1854.) ove si fa a sostenere pel primo il sistema plutonico dell’origine del nostro pianeta contro l’opposta opinione dei nettunisti che in Napoli allora prevaleva, non essendo ancora scesi in lizza i chiari geologhi Pilla e Scacchi, che indi fecero trionfare la prima, come trionfava in Inghilterra, in Francia e in Germania.

Nel 1836 e 1837 vediamo il Capocci in Parigi, ove in quella imperiale accademia delle scienze presentava alcuni strumenti ottici di sua invenzione che venivano accolti con plauso dietro il competente parere del suo segretario perpetuo, il celebre Arago.

Colà pubblicava pure — pubblicazione in vero assai straordinaria per parte d’un astronomo — un romanzo storico: il Primo vicerè di Napoli, in cui il caldo sentire dell’italiano scrittore in pro della sventurata sua patria ampiamente si disvela. Di questo romanzo scrissero elogi vari giornalisti e letterati di merito, tra i quali ci basti nominare il Tommaseo ed il Mamiani.

Indi a poco l’infaticabile nostro protagonista pubblicava una memoria sulla periodica ricorrenza dei bolidi e degli aeroliti, con un ampio catalogo, memoria che gli meritava le felicitazioni dell’Humboldt, il quale si rallegrava seco lui per aver egli fatto: «una bella ed interessante scoperta che spandeva molto lume sulla costituzione fisica dell’universo.

Il Capocci ha avuto luogo di fare molte interessantissime osservazioni sulle fisiche apparenze delle comete; in quella di Halley nel 1859, in quella splendidissima del 1843, in quella a doppio nucleo del Biella nel 1846, in quella del Donati del 1859, ecc.

Nel 1849 egli dava alla luce il 1.° annuario del regio osservatorio di Napoli, che per la copia delle materie di pratica utilità e per la ben intesa loro disposizione fu molto approvato dagl’intelligenti di tali materie, tra i quali basterà mentovare il Quetelet. E qui convien avvertire che il nostro astronomo, tanto in questa pubblicazione, quanto in molte altre, si è mo-