È vago Adone ancora. Ei pasce agnelli,
Ei fiede lepri, e l’altre belve incalza.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Or sì rivolgi a Diomede il passo,
E, colà giunta, di’: da me fu vinto
Dafni pastore, e tu a giostrar vien meco.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Addio, lupi e cervieri, e voi pe’ monti
Orsi di tane abitatori. Io, Dafni
Bifolco, non vivrò più vosco in selve,
O in balze, o in poggi. Addio Aretusa e fiømi,
Che fra i chiari scorrete umor del Timbri.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Io son quel Dafni, che pascea qui vacche,
E qui tori e vitelle abbeverava.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
O Pane, o Pan, se del Liceo le vette
Alberghi, o pel gran Menalo t’aggiri,
Alle Sicule sponde, ah! vieni, e lascia
Capo d’Elice, e a’ Numi venerando
L’alto di Licaonide sepolcro.
Cessate, o care Muse, il canto agreste.
Vieni, e questa ne prendi, o Re, leggiadra
Ben innestata con la cera, e intorno
Al labbro inflessa armonioa zampogna;
Chè Amore ad or ad or mi spinge a Pluto.
Cessate, o care Muse, il canto agreste.
Gettate ora viole, o rovi, o spine;
Su i ginepri fiorisca il bel narciso;
Tutto si cangi al trapassar di Dafni.
Il pino metta pere, il cervo i cani
Si tragga prigionieri, e su pei monti
Cantino i gufi e gli usignuoli a gara.
Cessate, o care Muse, il canto agreste.
Ciò detto, egli si tacque, e volea pure
Ciprigna sollevarlo; ma già tutti