Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/113

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di teocrito 103

     Com’era mia vicina, e femmi instanza,
     Che andassi a quel cortèo. V’andai meschina,
     In bel manto di bisso fino a terra,
     E sopra avea di Clearista il drappo.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     Già sendo al mezzo della via maestra,
     Dov’ha i beni Licon, veduto ho Delfi,
     Il qual sen gìa con Eudamippo a coppia.
     Più ch’elicriso avean lanugin bionda,
     E dopo i bei sudor della palestra
     Più di te rilucente, o Luna, il petto.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     E come il vidi, oh qual furor mi prese!
     Come, infelice, il cor mi fu conquiso!
     La mia beltà sfiori; di quella festa
     Non presimi più cura; e non so pure
     Com’io facessi a ritornarmi a casa.
     Struggeami un mal cocente. In letto giacqui.
     Ben dieci giorni, ed altrettante notti.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     Simile al tasso il mio color si fea:
     Tutti i capelli mi cadean di testa;
     E solo a me rimaso er’ossa e pelle.
     E dove non andai? qual lasciai casa
     Di vecchia maga? Ma per me conforto
     Non v’era, e intanto disperdeasi il tempo.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     Sì dunque apersi alla mia fante il vero:
     Testili, ah! trova alle mie dure pene
     Qualche rimedio. Quel garzon di Mindo
     Tutta tiemmi in ambasce. Ah! vanne in guardia
     Di Timageto alla palestra, dove
     Andar ei suole, e con piacer fermarsi.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     E quando il vedrai solo, a lui in disparte
     Fa cenno, e di’: Simeta a sè ti chiama;