Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/112

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102 idilli

     Ma fe’ impudica, e senza onor fanciulla.
Cutretta, deh! lui traggi al mio soggiorno.
     Tre volte libo, e sì tre volte ancora,
     O Diva, esclamo. O femmina al suo fianco
     Sieda, o garzon, tal ei di lor si scordi,
     Qual d’Arianna dalle vaghe chiome
     Teseo scordossi, com’è fama, in Nasso.
Cutretta, deh! lui traggi al mio soggiorno.
     L’ippomane è fra gli Arcadi una pianta,
     Onde tutti i puledri e le cavalle
     Indomite pe’ monti in furor vanno.
     Tal vedess’io dalla lucente lizza
     Trar Delfi furibondo il piè qua dentro.
Cutretta, deh! lui traggi al mio soggiorno.
     Delfi perdè quest’orlo della vesta,
     Che or do pel pelo alle voraci fiamme.
     Ahi, ahi spietato Amor! perchè al mio corpo
     Affisso qual palustre sanguisuga
     Tutto a quest’ora ne bevesti il sangue?
Cutretta, deh! lui traggi al mio soggiorno.
     D’una pesta lucerta un’aspra beva
     Domane appresterò. Ma prendi intanto,
     Testili, questi sughi e n’ungi in alto
     Il limitar di Delfi, a cui con l’alma
     (Nè a lui ne cal) son anco avvinta, e poscia
     Sputando di’: L’ossa di Delfi io spargo.
Cutretta, deh! lui traggi al mio soggiorno.
     Or, che soletta sono, e come, e d’onde
     A sfogare il mio amor farò principio?
     Chi tanto mal recommi? Anasso figlia
     D’Esbulo andava coi canestri in mano
     Di Cintia al bosco. Molte fiere intorno,
     Ed una dionessa avea fra quelle.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     Or la nutrice Teucarila Tracia
     Di beata memoria un dì pregommi,