Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/147

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     Dirò che il capo, e l’una e l’altra gamba
     Mi sento martellar, perchè s’affligga,
     S’io pur m’affliggo. Ah! Ciclople, Ciclope,
     Dove volò il tuo cuor? Se te n’andassi
     Ad intrecciar canestri e a brucar fronde
     Da recare agli agnelli, avresti forse
     Più senno assai. La pecora presente
     A mugner pensa; a che seguir chi fugge?
     Troverai forse un’altra Galatea
     Più bella ancor. Molte donzelle invito
     Mi fan di notte a scherzar seço, e tutte
     Brillan di gioja, quand’io lor do mente.
     Ve’ se in terra anch’io fo la mia figura!
Tal ei pasco all’amor porgea col canto,
     E miglior dì traea, che a prezzo d’oro.


L’AMATO

Idillio XII

Pur con la terza notte alla terz’alba
     Sì, garzon caro, se’ venuto. Amore
     Fa invecchiare in un dì. Quant’è del verno
     La primavera più gioconda, e della
     Prugna la mela, quanto è della propia
     Agnelletta la pecora più irsuta,
     Quant’una verginetta in pregio avanza
     Donna di tre mariti, e quanto il cerbio
     È più veloce del vitello, e quanto
     L’arguto rusignuol vince cantando
     Ogni augel, tanto il tuo venir m’allegra.
     Qual viandante sotto faggio ombroso
     Dal Sol cocente, io dietro a te correa.
     Oh! spiri a’ nostri petti amor conforme
     E siam di tutte età subbietto al canto!