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Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/16

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Colei, che in Frigia trasmutò persona,
     E dagli aperti labbri umido scoglio
     Dolenti non so quai note ragiona.
Osa invan contro il cielo umano orgoglio;
     Spiaccia al mio re chi al ciel contrasto move:
     Spiaccia a Febo chi spiace a questo soglio.
Se a grato piglia le canore prove
     Febo meriterà vostre parole,
     E il può chi siede a man destra di Giove.
Verrà più volte in oriente il Sole
     Anzi che fine al canto imponga il coro,
     Larga materia e piana a chi dir vuole.
Oro la veste, la faretra è oro,
     Oro i coturni, e di quant’oro è pieno
     Dimandatene il Delfico tesoro.
Lui nè beltà, nè gioventù vien meno,
     Nè velo di calugine gli asconde
     Delle tenere gote il bel sereno.
Balsami piove dalle trecce bionde,
     Nè di balsami pur schietta rugiada,
     Ma veramente panacea diffonde.
Ove a cittadi alcuna stilla accada
     Dell’odorato umor, tutte ha virtude
     Le cose rintegrar della contrada.
Apollo fra sue man d’ogni arte chiude,
     D’ogni scienza l’onorata insegna,
     Ventura e vaticini Apollo schiude;
D’arco instrutto e di lira Apollo regna
     Fra poeti ed arcieri, e al seme umano
     Prendere indugio dalla morte insegna.
Ebbe titolo poi di guardiano
     Che in signoria d’Amor l’equestre greggia
     Guardò d’Admeto nell’Anfrisio piano;
Agevolmente fia che là si veggia
     Calcato di lanuti il verde suolo
     Ove d’un guardo pur Febo lampeggia.