Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/18

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A te lo stel dell’odorato croco
     Produce il verno, e sempre a te novelle
     Splendon vigilie di perpetuo foco.
Biondo drappel di Libiche donzelle
     Se dei ludi Carnei reddiva l’ora
     Scorrea coi pro’ guerrieri in tresche snelle.
Doriche genti a quella etade ancora
     La stanza non ponean di Cire al fonte,
     E nel selvoso Azili avean dimora.
Febo addittolli dal Mirtusio monte
     Alla mogliera, che al lion nemico
     Del gregge Euripileo ruppe la fronte.
Più bel coro non vide, e non fu amico
     Come a Cirene mai Febo a cittade
     Memore ancor del rapimento antico,
E altrove non mirò tanta pietade:
     Odo gridar Pean: grido che sorse
     Dapprima nelle Delfiche contrade,
Quando il serpente che a’ tuoi passi occorse
     Mentre scendevi dalla Pizia rocca
     Sotto cento quadrella il terren morse.
Io Pean risuonava, Io Pean scocca
     Liberatore! e il suon che in Delfo uscìo
     La prima volta, in sommo è d’ogni bocca.
Dicea Livor celatamente al Dio: 5
     Musa che il suon delle marittim’onde
     In suo stil non adegua, i’ non laud’io.
Lo rimove col piè Febo, e risponde:
     Grande è l’Assirio rio, ma sozza rena,
     E molto limo a sue piene confonde.
Non portan acque da ciascuna vena
     A Cerere Melisse, ma da sacro
     Limpido rio, che fior di linfe mena.
Re salve, e Momo sia sempre più macro.