Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/185

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     Il forte Ida, e Linceo. Giunti alla tomba
     Dell’estinto Afareo tutti in un tempo
     Sceser da’ cocchi ad affrontarsi carchi
     Di cavi scudi, e d’aste. Allor Linceo
     Di sotto all’elmo alto gridò: Deh! quale
     Disío di guerra, o sciagurati, è il vostro?
     Perchè volete infellonir per mogli
     Non vostre, e in man recarvi i brandi-ignudi?
     A noi già molto prima avea Leucippo
     Le sue figlie promesse, e fur giurate
     Con noi le nozze. Or contra ogni rispetto
     Agli altrui letti con le altrui sostanze
     E buoi, e muli travolgeste il padre,
     E co’ doni furaste il maritaggio.
     Spesso in vostra presenza (e non son uso
     A far gran motti) avea già detto: Amici,
     A gente prode si disdice in mogli
     Cercar donzelle, che han gli sposi in pronto.
     È grande Elide equestre, e grande è Sparta,
     È Arcadia ricca in mandre, e le cittadi
     Achee, Messene ed Argo, e tutta quanta
     La Sisifia maremma, ove fanciulle
     Crescon sotto i lor padri a mille a mille,
     Cui nè manca buon’indole, nè senno.
     Voi potrete sposarne a vostro grado,
     Poichè molti ambiran suoceri farsi
     Di valorosi; e voi gran nome avete
     Infra tutti gli eroi, com’anco i padri
     L’ebbero, e tutto il vostro sangue antico.
     Deh! lasciateci, o cari, a fin condurre
     Le nostre nozze, e ad appagar voi pure
     Noi tutti penserem. Tali, e molt’altri
     Furo i miei detti, che portossi il vento
     Tra i fuggevoli flutti; e da voi grazia,
     Duri, inumani, il mio parlar non ebbe,
     Or piegatevi alfin, che a noi pur siete