Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/188

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L’INNAMORATO

OPPURE LO SVENTURATO IN AMORE

Idillio XXIII

Cert’uomo innamorato oltr’uso amava
     Inumano garzon di buon aspetto,
     Ma di troppo dissimili costumi.
     Egli abborrìa l’amante, e nulla avea
     Di mansueto, nè sapea qual Nume
     Si fosse Amor, nè quai tien archi in mano,
     Nè quai vibra a’ garzoni acuti dardi.
     Truce era ognor ne’ motti, e negl’incontri.
     Nè ristoro alle fiamme era, o del labbro
     Un brillar dolce, o un lampeggiar sereno
     D’occhi, o la rosea guancia, o le parole,
     Ovvero i baci, onde s’allevia amore.
     Ma qual fera selvaggia, che s’adombra
     De’ cacciator, tal egli in ver l’amante
     Al tutto si mostrava. Avea ritrose
     Le labbra, il guardo bieco e dispettoso.
     Per la bile d’aspetto si cangiava,
     Smarriva di color, tutto era orgoglio.
     Ma qual s’ei ne venisse ognor più bello,
     Più di sè stesso inuggiolìa l’amante.
     Or questi infine all’amorose ambasce
     Non più reggendo a lagrimar portossi
     Sotto l’infausto albergo. E pria la soglia
     Baciò, poi sciolse alle parole il corso:
O garzon fiero ed aspro, alunno vero
     Di cruda lionessa, o cor di pietra,
     Troppo indegno d’amor. Ecco gli estremi
     Don ch’io vengo a recarti, il mio capestro.
     Non più farò dispetto all’ire tue: