Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/49

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E lamentando in nota d’usignuolo,
     Le braccia ai fianchi di Tiresia gira,
     E bagna i mesti rai di largo duolo.
Pallade allor per la pietà: ritira,
     Ninfa gentil, ritira le parole,
     In cui la lingua t’è scorsa per ira.
Non io Tiresia tuo privai del Sole,
     Nè gli occhi altrui rapir m’è dolce frutto,
     Ma legge di Saturno così vole:
Chiunque ad ammirar sarà condotto
     Celeste Iddio, che uman viso rifiuta,
     Dalla veduta coglierà gran lutto.
Donna, voler di Numi non si muta,
     A lui Parca girò queste tenebre,
     Soffri tu cosa a te figlio dovuta.
Darebbero agli altar vittime crebre
     I genitori d’Atteon, contenti
     Toccar del figlio le vane palpebre;
Poco gli gioverà valli e torrenti
     Con Diana varcati, erta e pianura,
     Aver posti a giacer ferini armenti,
Quando infelice non ponendo cura
     Veduta avrà la Diva, che si bagna,
     De’ propri veltri suoi sarà pastura.
La madre per foresta e per montagna
     Colte avendo le sparse ossa del figlio
     Unica fortunata, o mia compagna,
Te chiamerà, che vivo dal periglio
     Ritratto l’hai, nè più di tanto offeso,
     Che doppia nube gli sovrasta il ciglio.
Non ti lagnar: io de’ suoi mali al peso
     Tal ristoro darò, che il viso spento
     Nel lume del futuro avrà racceso;
E saprà dir qual per le vie del vento
     Penna d’augello vanamente nuoti,
     O tristo adduca o fortunato evento.