Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/50

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Udiran le contrade de’ Beoti,
     Udrà Cadmo i costui carmi divini,
     E gli udiran di Labdaco i nipoti.
Verga gli donerò che per cammini
     L’orme corregga e la veduta bruna,
     Del viver gli porrò lunge i confini.
Unico fra gli estinti ombra digiuna
     Non sarà di savere, e fia per senno
     Caro a colui, che l’universo aduna 2.
Tacque la Diva, e fe’ col capo cenno.
     Tanto privilegiò quest’una Giove,
     Tutte doti del padre a lei si dienno.
Senza madre dal capo uscì di Giove;
     Ingannevoli cenni, o Lavatrici,
     Il capo mai non accennò di Giove.
Or sì che vien la Dea: con voti amici,
     Con cantici festivi itele intorno,
     Voi che ad Argo bramate ore felici;
Guardia a te sia del bel paese adorno,
     Che sull’Inaco siede, o Dea Minerva,
     Salve se vai, salve se fai ritorno,
E la fortuna Argolica conserva.


NOTE


(1) I Romani lavavano ogni anno la statua di Cibele nel fiume Almone, gli Argivi la statua di Pallade nel fiume Inaco. Le donzelle Argive, massimamente della tribù degli Acestoridi, n’erano le lavatrici. Si portava insieme col simulacro della Dea lo scudo di Diomede, al qual rito diede principio il sacerdote Eumede, che dannato a morte dal popolo si rifugiò con esso, e alzò altari a Pallade sul monte Crio, che indi ebbe nome