Nelle felici età, quando più forte
La virtù greca e l’ira ardea nei cuori,50
Rimanevan le donne entro le porte
L’urne de’ prodi a coronar di fiori:
Gli uomini chiusi in trionfal coorte
Uscian gli estinti a vendicar di fuori;
Poscia tornando dal sanguigno agone55
Cingean quell’urne e v’appendean corone.
Sia delle donne il pianto: a noi le spade
Splendan nel pugno, a noi parli vendetta:
Forse matura non tornò l’etade?
Che si spera, o speranti, e che si aspetta?60
Speriamo or noi che l’Itale contrade
Difenda Iddio coll’immortal saetta?
Cogli operosi è Dio, nè volge il guardo
Sull’affanno del pigro e del codardo.
Potea d’un cenno dal Caos profondo65
Chiamar la terra, e sette dì pur volle:
Potea redimer con un guardo il mondo;
E diede sangue sul nefando colle:
Onnipotente, Ei sobbarcossi al pondo
De la fatica, e imporporò le zolle;70
E noi misero fango, abbietti vermi,
Vogliam francarne sonnolenti e inermi.
Di forza i lombi Ei non ne cinse invano,
Non ne die’ braccia a trascinar catene;
Nè vanamente questo incendio arcano75
Di libertà ne pose entro le vene;