Pagina:Cartesio.djvu/3

Da Wikisource.


matematica. Passò poscia al servizio del duca di Baviera, si trovò nel 1620 alla battaglia di Praga, e nel volgere dell’anno 1627 ebbe parte al famoso assedio della Rocella, ove venne in conoscenza di Gherardo Desargues valente geometra, per lo quale ebbe la protezione del Cardinale Richelieu. Siccome era forte nemico dell’ambizione, lasciò la vita militare, e, non richiedendo altro libro che il mondo, prese tutto solo a far diversi viaggi. È voce che essendo egli per mare alla volta di Embden, d’onde volea tornare In Olanda, gli venisse saputo come i marinari aveano congiurato di metterlo a morte, per insignorirsi di tutto il suo avere; del quale pericolo ei seppe campare da valente militare, come Arione in sì fatto caso seppe difendersi da vero musico. Egli mise mano alla spada, con tanto di vigore e fermezza, che quei ribaldi tutti pieni di paura lasciarono tosto il loro reo disegno. Spese ancora alquanti anni a percorrere diverse parti dell’Europa, facendo sempre filosofiche osservazioni, a quel modo appunto che Solone, Talete e i loro emuli visitando la Grecia, l’Asia, e l’Egitto ebbero arricchito la patria loro delle più alte osservazioni sulla teoria, e sulla pratica delle scienze. Se non che quella felice unione, che regnava frai sette saggi della Grecia, non era punto frai dotti dell’Europa. Il nostro viaggiatore fu in Italia, ma non vide Galileo, che poc’anzi avea aperto la vera strada alla filosofia sperimentale; e benchè l’animo di Cartesio fosse libero di qualunque gelosia, pure non conosceva troppo bene il merito di questo grand’uomo.

Come fu di ritorno alla patria sua, volle pubblicare le nuove idee, che gli andavano per la mente; ma conoscendo di non poterlo ivi fare senza incontrar pericoli, vendè parte de’ suoi beni, non si curò della protezione di Richelieu, e si fu ritirato in Olanda nella sua deliziosa possessione di Egmont, vicino all’Aja.

Quivi mise in luce i suoi primi scritti filosofici, che lo levarono in gran fama; ma con essa gli si mosse l’invidia. Alquanti professori delle università di quei

paesi, i quali avean l’animo tutto pieno delle opinioni antiche, formarono contro Cartesio una forte cospirazione. Il primo che gli si levò contro fu Gisberto Voët, teologo protestante, e ministro d’Utrecht, avendo a compagno un certo Schoockius, il quale, benchè fosse erudito, era un malvagio uomo. Questi diede in suo nome alla luce una scritta di Voët contra Cartesio, la quale era piena di sole ingiurie, e di fortissimi accuse, infra le quali quelle di Ateismo e di Deismo, che si confutavano reciprocamente.

Eransi i congiurati dati a credere che per la lontananza non verrebbe a Cartesio saputo parola alcuna di tutto che gli si macchinava contro nel tribunale di Utrecht, cui pur non sarebbe comparso alle citazioni e così avrebbe avuto tal condanna, da non potersi mostrare ove che sia. Voët, che in astuzia vincea ogni altro, acicocchè tutto avvenisse a questo intendimento, oprò con tal segretezza che gli scritti del filosofo furono dichiarati infami, e la condanna era stampata, e per poco pubblicata per tutte le città delle provincie unite; allora che a Cartesio vennero due lettere anonime a metterlo in chiaro del pericolo, che gli sovrastava. Egli non sapeva indursi a dar fede a tanta malvagità, pure si condusse all’Aja, ove da tutti seppe ciò, che egli solo in Olanda ignorava. Il suo arrivo improvviso, e la fermezza colla quale si presentò a’ suoi nemici, implorando la protezione del duca d’Orange, e dell’ambasciatore di Francia, guastarono tutti i disegni de’ nemici suoi, e non gli tornò malagevole il purgasi di tutte le accuse, facendo conoscere come le atroci scritte pubblicate a suo danno erano di Voët: e messa in gran lume la mala vita di costui, lo coprì d vergogna, e si fu contentato di aver così posto in salvo l’onor suo.

Non molto dopo diede fuori la sua grand’opera sul sistema dell’universo, non vi avea migliore, nè più nobil modo per vendicarsi di tutti i suoi nemici; se non che egli ben presto si addiede come la parte metafisica delle sue opere gli era cagione di nuove liti,