Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/158

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capitolo terzo 151

aveva da tanti anni messe a contrasto. L’amor della patria non parve più delitto al cospetto di Dio»1.

Ma quel che più importa notare è il pensiero racchiuso nella seconda e terza delle strofe seguenti, nelle quali, come il lettore vedrà, il poeta carbonaro prevede, con antiveggenza proletica, che dimostra sempre più l’acutezza dello ingegno dello Sterbini, gli scrupoli di Pio IX, e sospetta che egli possa rifuggire dalla guerra per la sua qualità di Pontefice di pace e capo di tutti i Cattolici: prevede questi scrupoli, e procura, fino da ora, di dileguarli dall’animo del Pontefice.

Nè che io ricusi correre
Sorger potrà periglio,
Nè varrà mai carnefice
A spaventarmi, o esiglio;
Andrò secondo Precida
Tutta a infiammar la terra,
Tirteo novello i cantici
Di disperata guerra
Farò per tutta Italia
Altissimi fremir.

E non t'arresti il sangue
Che ne sarà colato;
Ei che morì sul Golgota
Egli l'esempio ha dato!
Bastava un voto, e l'opera
Era del par compita,
Ma ad insegnar che sorgere
Dovranno a nuova vita
Solo col sangue i Popoli
Volle il suo primo offrir.

Nè mai l'idea ti mitighi
Che padre a tutti sei,
A rattenere i fulmini
Sulle cervici ai rei;
Padre pur là all'Empireo
Era l’Eterno a tutti.
Ma molti un dì fra gli Angeli
Fur empi e gli ha distrutti...
Tu, dell'Eterno imagine,
Gli empi distruggi qui.


  1. C. Cattaneo, vol. cit.. Considerazioni al secondo volume dell’Archivio triennale italiano, pag. 286.