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Giovanni Giuseppe Nicosia — Cinesi, scuola e matematica — Bologna, Italia — 2010
1.1.2 Le motivazioni della migrazione

Dalla Cina si migra per ragioni fondamentalmente economiche cioè per cercare condizioni di vita e di lavoro migliori. La valutazione della riuscita di tale ricerca segue parametri talora poco comprensibili per chi non è di cultura cinese: è esperienza ricorrente quella di sentire dei cinesi che si dichiarano contenti di situazioni abitative e ritmi di lavoro insostenibili per la maggior parte delle altre persone. Un’altra motivazione è quella del ricongiungimento dei nuclei familiari.

Una terza motivazione decisamente minoritaria è legata a ragioni politiche. Assai pochi di quelli che sono fuggiti dalla Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国 Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó) sono finiti in Italia. Si registrano pochi cittadini di Hong Kong (香港 Xiānggǎng) scappati al momento dell’annessione alla Repubblica Popolare Cinese per paura di cambiamenti in senso autoritario e pochissime altre persone provenienti da altri Paesi di cultura cinese. Si tratta comunque di un’esigua minoranza anche perché la Repubblica Italiana ha storicamente assunto posizioni di sistematico rifiuto verso i rifugiati dall’Asia orientale. Nel seguito, dunque, per immigrati cinesi si intendono cittadini della Repubblica Popolare Cinese.

1.1.3 Zone e culture d’origine

La maggior parte di questi migranti proviene dalle regioni dello Zhèjiāng (浙江) ed in particolare dai dintorni della megalopoli di Wēnzhōu (温州), località tra le più ricche del Paese. Le speciali politiche economiche dei tardi anni settanta e le riforme degli anni novanta del secolo passato vi hanno insediato importanti imprese industriali (specialmente tessili), manifatturiere e commerciali a vocazione globale tali da aumentare notevolmente il benessere diffuso in una zona che già nel passato poteva vantare livelli di vita migliori del resto del Paese in ragione dell’elevata qualità delle sue produzioni agricole e seriche. Tale ricchezza, però, è distribuita in modo da non soddisfare le aspirazioni di una consistente parte dei quasi 47 milioni di abitanti della regione, che è relativamente piccola (circa 100.000 Km2) ed ha un’altissima densità di popolazione. In particolare la diseguaglianza più notevole consiste nell’altissima concentrazione della ricchezza nella capitale rispetto al resto del territorio. Molti abitanti di quest’ultimo non trovano modo di inserirsi nei flussi economici che portano al capoluogo e decidono di intraprendere lunghi viaggi all’estero alla ricerca di condizioni migliori. Le rimesse degli immigrati costituiscono un ulteriore fattore di incremento economico.

Cose simili si possono dire anche del Fújiàn (福建), regione costiera che confina con lo Zhèjiāng e da cui pure provengono molti immigrati.

I cinesi in Italia hanno origini e caratteristiche abbastanza omogenee. Ciò non deve far pensare che anche in generale il popolo cinese e la Cina abbiano quell’unità culturale e linguistica che un luogo comune a lungo diffuso in Europa e le pretese della propaganda patriottica delle autorità cinesi tentano di accreditare. Certo molte cose accomunano quest’enorme comunità umana costituita da un miliardo e mezzo di persone che abitano un paese tanto vasto e variegato, ma ci sono differenze che neppure i millenni di unificazione politica, interrotti solo in stagioni storiche relativamente brevi sebbene molto tumultuose, sono riuscite ad appianare. Tali differenze sono linguistiche, culturali, religiose… e possono essere molto importanti, sfociando talora in conflitti.

Ad esempio in campo religioso: se da un lato la cultura confuciana permea un po’ tutti gli ambienti col suo culto per l’obbedienza all’autorità, il rispetto per gli anziani ed i riti dedicati agli antenati, d’altro canto in Cina sono professate massicciamente molte altre religioni tra cui il Buddismo (150 milioni di seguaci), l’Islàm (50 milioni, alcuni dei quali lamentano condizioni di gravissima oppressione), il Taoismo (30 milioni), il Cristianesimo (40 milioni tra le varie confessioni e chiese, di cui 5 milioni cattolici in gran parte costretti ad un’illegalità catacombale e divisi tra una chiesa papista ed una fedele


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