Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/374

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238 INFERNO Superàm ruptis quaesivit in extis (1). E anche Arrunte è augure to- scano, e però non a caso forse collocato da Dante tra Bonifazio, l'a- mico di Firenze, e i barattieri di Lucca. E non a caso il poema, che procede severissimo inlìno al goloso Ciacco, e comincia sentire del co- mico laddove tocca di coloro che non hanno al capo coperchio piloso, e si rifa grave infino agli usurai, da questi in giù scendendo ai mez- zani e agli adulatori e a' simoniaci e a' maghi e a' barattieri, diventa commedia più e più. E non a caso il Poeta, che nel sedicesimo l'a- veva appunto denominata Commedia, qui chiama l'Eneide Tragedia, siccome canto non pure serio e dolente, ma civile e religioso, qual era la tragedia nell' origine, e quale nel n)edio evo ridivenne, rap- presentata nelle chiese in persone vive, ed in pietra. Comico, secondo l'intendimento del Poeta, diventa, in questo Canto più che sopra, il linguaggio. Che due le ironie: Dove rui? ad AnPiarao, e ad Aronte la spelonca, di dove poteva guardare il mare e le stelle. Poi avete le letane e la parlasia^ le maschili penne e la pilosa pelle, le natiche e lo spago. Caino e le spine _, la mattia ed introque. Avete ripetizioni di modi alla sua parsimonia inusitate : al ventesimo Canto della prima Canzon — lettor, prender frutto di tua lezione — Dirietro guarda e fa ritroso calle — indietro venir li convenia. Perchè 'l veder dinnanzi era lor tolto — mutò sembiante, cangiandosi le membra — cade in Po. — ivi convicn che caschi. E ben quattro volte ripetuto il modo fami- gliare tutto quanto, dal quale ora rifuggirebbe non dico la cortigiana de' poeti, ma 1' eleganza degli avvocati e la venustà de' notai (2). (1) Lucan., \. - lei convien che tutto quanto caschi. - (2) S' era già disposto tutto quanto. Ben lo sai tu che la sai tutta quanta. - Cangiandosi le membra tutte quante.