Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/411

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CANTO XXIV. 275 30. Ne tante pestilenze né sì ree Mostrò giammai, con tutta l'Etiopia, Né con ciò che di sopra al mar Rosso èe. 31. Tra questa cruda e tristissima copia Correvan genti nude e spaventate. Senza sperar pertugio o elitropia. 32. Con serpi le man' dietro avean legate: Quelle ficcavan per le ren' la coda E '1 capo ; ed eran dinnanzi aggroppate. 33. Ed ecco ad un, eh' era da nostra proda, S' avventò un serpente, che 1 trafisse Là dove il collo alle spalle s' annoda.* 34. Né sì tosto mai né I si scrisse Com' ei s' accese e arse, e cener tutto, Convenne che, cascando, divenisse. 35. E poi che fu a terra sì distrutto. La cener si raccolse, e per sé stessa In quel medesmo ritornò di butto. 30. (L) jÉe, è In Egitto. (SL) Pestilenzie. Lucan. , IX : Sei mojora parant Libycae specta- cìila pesles. Virgilio, d'una serpe: Pesili acerba bonm (Georg., III). Fior. s. Fr-dnc: Pestilenze (d'ani- mali dannosi). — Ciò. .En. , I : Quid- quid nbique est Geidis Durdaniae. - V : Quidquia tecum invalidum, metueìis- qiiepericli est. Similf^ in Tacito. Giam buUari : Taltn aó che viveva nella ci</à. Questo di Dante è sovranamenle imitalo dall'Ariosto: Quanto... Ye- hnow erra per la calia sabbia. 31. (L) Pertugio, ove salvarsi, come ladri. — Entropia, ch« li renda in- visibili. (F) Elitropia. Pietra, dice Pie- tro, verde, rossa o persa, che, ba- gnata nel sugo della pianta qnani dicimui mira'olem, rf^nde invisibile chi la porta Era credenza comune a que' tempi. E ognun sa la novella di Calandrino. Bocc. , Gior Vili, 3. Solino, e. XXVII, Jer. , Vili, 47: Ecce ego millam vobii serpentes re- gulu$, quibui non eit incantano ; et mordebunt to*. 32. (SL) Legate JEn., Il: Spirisque ligant ingendhui. — Dinnanzi. Ma., II: Bis medium amplexi.— Aggrop- pale. .En., II : Tendit divellere nodos. 33. (L) Nostra: parte dell' argine ove noi eravamo. —• Là: la collot- tola. fSL) Trafisse. Lucan.. IX : Ati- lum, Torta caput retro Dipsas cal- cita momordit. — Collo: Lui'.an., IX : Colubriferi rumpens confinia colli. 34. (SL) Accese. Lucan., IX: Ecce subit virus tacH'irrij carpitque me- duHas Ignis edax, calidaque incendit viscera tabe.— Arse. Lucan., IX: Ardentem... vinim. (!) Cener. Pena condegna alla loro viltà. Quanto tormentosa debba essere questa dissoluzione frequente, per accurgersene basta pensire alla morte, e morte di fuoco. 33. ^L) Di butto: subito. (SL) 5è. Virgilio, di Proteo, dopo trasformatosi in serpe e in al- tro : In «e?e redit, atque hominis tan- dem ore loculus (Georg., IV).