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canto

VI. 119

colo campo al di là del Tevere, quando fu chiamato a Roma, ed eletto a dittatore, perchè liberasse il console Minucio, che era assediato nel proprio campo da più numerosi e fieri neinici. Andò; raccolse quanti armati potè, e recatosi al campo, di conserva col console assediato, tanto operò che i nemici si diedero a discrezione. Egli impose loro di portar sempre un segno di schiavitù: divise la ricca preda ai suoi soli soldati, e tosto spogliandosi della dittatura durata sedici giorni, tornò lieto e trionfante alle sue brighe rusticane. - — Due furono i Deci che si votarono a morte per la vittoria degli eserciti: Decio padre collega di Torquato nella guerra lalina, o Decio figlio nella guerra etrusca, quando era chiuso in una valle.— La famiglia de’Fabii, come famosa, fu anche numerosissima. Trecento e sei Fabii tutti patrizi, di assicurata virtù, addimandarono al senato il permesso di far la guerra a Veio a proprie spese; corsero sopra la detta città tutto devastando con immenso danno de’nemici. Ma imbaldanziti dai primi successi, non usando precauzione, furono proditoriamente circondati, e tutti fino all’ ultimo trucidati: onde Torquato e pare che contemplar voglia quel Torquato, che diede il soiranrìome al casato e Quintio Cincin nato così surnomato dalla capellatura che incolta gli cadeva sugli occhi che fu nomato dal cirro neglecto — cirro, massa di capelli aggruppati e i Decipadre e figlio. Tullio ne indica un terzo, che chiama Decio nipote che si votò nella guerra contro Pirro et i Fabii fu di tale chiarissima stirpe quel Fabio Massimo, che nella guerra di Annibale, ritardando, salvò Roma e fu quindi nomato — Cunctator — tutti questi hebber la fama che volentier miro che volentieri celebro, mando all’immortalità. La mirra è gomma aromatica, colla quale una volta coprivansi le salme