Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/208

Da Wikisource.

PARADiSO A divozione, e a rendersi a Dio Con tutto il suo gradir cotanto presto, Come a quelle parole mi feci io: E sì tutto il mio amore in lui sì mise Che Beatrice ecclissò nell’ obblio. 60 Non le dispiacque; ma sì se ne rise, Che lo spiendor degli occhi suoi ridenti Mia mente unila in più cose divise. 65 lo vidi più fulgor vivi e vincenti Far di noi centro e di sè far corona, Più dolci in voce che in vista lucenti. 66 Così cinger la 6glia di Latona Vedèm tal volta, quando I’ aere è pregno Sì, che ritenga il fu che fa la zona. 69 Nella corte del Cielo: onde io rivegno, Si trovan molte gioie care e belle Tanto, che non si posson trar del regno; 7 E il canto di quei lumi era di quelle: Chi non s’ impenna sì che lassù voli, Dal muto aspetti quindi le novelle. 75 Poi sì cantando quegli ardenti Soli Si fur girati intorno a noi tre volte, Come stelle vicine ai fermi poli, 78 Donne mi parver non da ballo sciolte, Ma che s’arrestin tacite ascoltando, Fin che le nuove note hanno ricolte: 81 E dentro all’un sentii cominciar: quando Lo raggio della grazia, onde s’ accende Verace amore, e che poi cresce amando, 84 Moltiplicato in te tanto risplende, Che ti conduce su per quella scala,