Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/271

Da Wikisource.

canto

XIV. 261

Pia vinto in apparenza dalla carne, Che tutto dì la terra ricoperchia: Nè potrà tanta luce affaticarne) Chè gli organi del corpo saran forti A tutto ciò che potrà dilettarne. 60 Tanto mi parver subiti ed accorti E l’uno e l’altro coro a dicer Amme, Che ben mostrar desio de’ corpi morti; Forse non pur per br, ma per le mamme, Per li padri, e per gli altri che fur cari, Anzi che fosser sempiterne fiamme. 66 Ed ecco intorno di chiarezza pari Nascere un lustro sopra quel che v’era, A guisa d’orizzonte che rischiari. 69 E si come al salir di prima sera Comincian per lo Ciel nuove parvenze, Sì che la vista pare e non par vera; 72 Parvemi lì novelle sussistenze Cominciare a vedere, e fare un giro Di fuor dall’altre due circonferenze. 7 O vero sfavillar del santo Spiro,’ Come si fece subito e candente Agli occhi miei che vinti nol soffriroZ 78 Ma Beatrice sì bella e ridente Mi si mostrò, che tra l’altre vedute Si vuoi lasciar che non seguir la mente. 81 Quindi ripreser gli occhi miei virtute A rilevarsi e vidimi traslato Sol cn mia Donna a più alta salute. 84 Ben mi accorsi io ch’ io era più levato, Per l’affocato riso della stella,