Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/272

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paradiso

Che mi parea più roggio che I’ usato. 87 Con tutto il care, e con quella favella, Ch’è una in Lutti, a Dio feci olocausto, Qual conveniasi alla grazia novella: (Jfl E non era anca del mio petto esausto L’ardor del sacrificio, ch’io conobbi Esso lilare stato accetto e fausto; 93 Chè con tanto lucore, e tanto robbi M’apparvero splendei’ dentro a’ due raggi, Ch’ io dissi: o Eliòs che si li addobbi! 913 Come distinta tra minori e maggi Lumi biancheggia fra i Poli del inondo Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi; 99 Sì costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venorabil segno, Che fan giuntare di quadranti in tondo. lO’2 Qui vince la memoria mia lo ingegno; Chè quella Croce lampeggiava Cristo; Sì eh’ io non so trovare esempio degno. 1O Ma chi prende sua crock e segue Cristo, Ancor mi scuserà di quel ch’io lasso, Vedendo in quello albor balenar Cristo. 108 Di corno in corno, e tra la cima e il basso Si movean lumi, scintillando forte Nel congiungersi insieme e nel trapasso. I li Così si veggion qui diritte e torte, Veloci e tarde, rinnovando vista, Le minuzie de’ corpi lunghe e corte 114 Moversi per lo raggio onde si lista Tal volta l’ombra, che, per sua difesa, La gente con ingegno e arto acquista. 117