Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/303

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canto

XVI. 93

Del villan d’Aguglion, di quel da Signa, Che già per barattare ha l’occhio aguzzo! Se la gente, che al mondo più traligna, Non fosse stata a Cesare noverca, Ma, come madre a suo figliuol, benigna, 60 Tal fatto è Fiorentino, e cambia, e merca, Che si sarebbe volto a Simofonti, Là dove andava 1’ avolo alla cerca. 63 Sariesi Montemurlo ancor dei Conti: Sariensi i Cerchi nel pivier d’Acone, E forse in Valdigrieve i Buondelmonti. 66 Sempre la confusion delle persone Principio fu del mal della cittade, Come del corpo il cibo che s’ appone. E cieco toro più avaccio cade, Che cieco agnello; e molte volte taglia Più e meglio una che le cinque spade. 72 Se tu riguardi Luni e Urbisaglia Come sono ite, e come se ne vanno Diretro ad esse Chiusi e Sinigaglia, 75 Udir come le schiatte si disfanno, Non ti parrà nuova cosa nè forte, Poscia che le cittadi termine hanno. 78 Le vostre cose tutte hanno br morte, Sì come voi; ma celasi in alcuna, Che dura molto, e le vite son corte. 81 E come il volger del Ciel della Luna Copre e discopre i liti senza posa, Così fa di Fiorenza la fortuna: 84 Per che non dee parer mirabil cosa Ciò ch’ io dirò degli alti Fiorentini,