Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/436

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426 PAAD1SO la nostra immaginazione, non che il parlare è troppo audace, se tenta di esprimere tanto penetrante dolcezza. O sancta soror mia che si divota ne preghi san Pietro disse a Beatrice, o mia santa sorella che pregasti, tanto fervidamente devota per loro ardente a/J’ecto con devota ed ardente carità l’intero sodalizio, d’ irrorare Dante tu mi disleghi da quella bella spera tu mi stacchi da quella bella sfera degli apostoli; bella perchè in essa son gli spiriti più in vita stretti con Cristo, e son a lui più vicini nella eterna, il foco benedieto san Pietro ardente d’ amor divino poscia fermato quel trino giro dricio lo spiro drizzò la lingua a la mia donna che favelio cossi come io o detto a Beatrice che aveva parlalo come si disse. Ed ella e Beatrice o luce eterna del gran Viro o eterna luce di san Pietro. principe e fondatore della fede cristiana, cui Dio concesse tanto potere a cui nostro Signor lascio le chiavi cioè il potere di assolvere e condannare eh ci porto giu di questo gaudio miro che Gesù Cristo portò in terra dal Paradiso quando prese umana carne tenta costui esaminalo di punti Levi e gravi sopra materia facile, o difficile intorno de la fede come ti piace sulla fede, quanto ti piace per la qual tu su per lo mare andavi in forza della qual fede camminavi a piede asciutto sul mare di Tiberiade, come se fossi stato in Lerra. San Matteo C. Xlii. E qui Beatrice dimandava, che s’interrogasse Eiante sulle tre virtù teologali — Fede, Speranza e Carità. — s cUi ama bene se ami di carità e bene spera se ha buona speranza e crede ed ha vera fede. So bene che non ee occulto non ti è ignoto perche il viso hai quivi dave ogni cosa dipinta si vede Perchè haì gli occhi rivolti in quella parte ov’ è colui — iddio — nel quale si vede dipinta ciascuna cosa.