Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/477

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canto

XXVII.

E come il tempo tenga in cotal Lesto Le sue radici e negli altri le fronde, Ornai a te può esser manifesto. l2() O cupidigia, che i mortali affonde Sì sotto te, che nessuno ha potere Di ritrar gli occhi fuor delle tue onde! 123 Ben fiorisce negli uomini il volere; Ma la pioggia continua converte In bozzacchioni le susine vere. 126 Fede e innocenza son reperte Solo nei parvoletti: poi ciascuna Pria fugge che le guancie sien coperte. l29 Tale, balbuziendo ancor, digiuna, Che poi divora, con la lingua sciolta, Qualunque cibo per qualunque luna: 132 E tal, balbuziendo, ama e ascolta La madre sua, che, con loquela intera, Desia poi di vederla sepolta. 13! Così si fa la pelle bianca, nera, Nel primo aspetto, della bella figlia Di quel che apporta mane, e lascia sera. 138 Tu, perchè non ti facci maraviglia, Pensa che in terra non è chi governi; Onde si svia l’umana famiglia. 141 Ma prima che Gennaio tutto si sverni, Per la centesma ch’ è laggiù negletta, Ruggeran sì questi cerchi superni, 144 Che la fortuna, che tanto s’aspetta, Le poppe volgerà u’ son le prore, Sì che la classe correrà diretta; E vero frutto verrà dopo il fiore. 148