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paradiso

XIV nove poi le muse non di numero, ma novelle, in quanto egli comincia a cantare di Dio eterno, mentre gli antichi poetarono degli Dei colle muse de’ gentili. Voi altri pochi che dricciasti il collo voi pochi che alzaste il capo al pan degli Angeli alla dottrina angelica — a Dio, che san Tommaso chiama pane degli angeli, come lo chiamò Dante nel Purgatorio del qual vivesi qui in terra ma non sen ven satollo ma non lascia sazio, non essendo mai quieto 1’ animo umano, e non potendosi in terra godere di ‘vera felicità. Secondo Aristotile 1’ opera umana di virtù è felicità; ma 1’ uomo virtuoso non è veramente felice, sibbene prossimo a felicità per tempo accennando così alla diuturnità indispensabile per la scienza. Ma ora oh vergogna! sono maestri di teologia giovanetti balordi, che non conoscono che ridicoli sofismi potete ben mettere vostro navigio vostro ingegno per I alto sale per I’ alto mare col quale giungere al porto di eterna felicità servando mio solco dinanei al aqua che ritorna uguale seguendo la traccia prima impressa nel1’ acqua che subito torna a divenir placida e piana. Può anche interpretarsi pel flusso e riflusso che lascia sempre I’ acqua uguale. lo sentii un teologi) che si scandalezzava di questo passo e tutto riferiva a Beatrice, del che risi sgangheratamente. Nel Paradiso s’ incontrano molti passi ardui e difficili, e quindi a ragione Dante chiama i più sapienti a seguirlo. I compagni invitati da Giasone si maravigliarono prima- mente della gran mole della nave; in secondo luogo che dovesse solcare un mare vergine e non mai solcato: finalmente allorché, seminati i denti di un serpente, videro sorgere uomini perfettamente armati. Dante intende significare così — voi vedrete gran nave, cioè grande opera nuova: vedrete da materia comune nascere sublimi sentenze. questi gloriosi che passaro