Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/521

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canto

XXX. 11

Che si deriva perchè vi s’immegli,. 87 E sì come di lei bevve la gronda Delle palpebre mie, così mi parve Di sua lunghezza divenuta tonda. 90 Poi, come gente stata sotto larve, Che pare altro clic prima, se si sveste La sembianza non sua in che disparve; 93 Così mi si cambiaro in maggior feste Li fiori e le faville, sì ch’io vidi Ambo le corti del iel manifeste. 96 O splendore di Dio, per cui io vidi L’ alto trionfo del regno verace, Dammi virtù a dir come io lo vidi. 99 Lume è lassù che visibile face Lo Creatore a quella creatura, Che solo in lui vedere ha la sua pace: 102 E si distende in circular figura In tanto, che la sua circonferenza Sarebbe al SoI troppo larga cintura. 10 Fassi di raggio tutta sua parvenza Reflesso al sommo del mobile primo, Che prende quindi vivere e potenza. 108 E come divo in acqua di suo imo Si specchia, quasi per vedersi adorno, Quando è nel verde e nei fioretti opimo; 111 Sì soprastando allume intorno intorno Vidi specchiarsi in più di mille soglie, Quanto di noi lassù fatto ha ritorno. I 14 E se 1’ infimo grado in sè raccoglie Sì grande lume, quanto è la larghezza Di questa rosa nell’estreme foglie? 117