Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/535

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canto

XXXI. 525

Per dirnandar la mia Donna di cose, Di che la mente mia era sospesa. Uno intendeva, e altro mi rispose: Credea veder Beatrice, e vidi un Sene Vestito con le genti gloriose. 60 Diffuso era per gli occhi e per le gene Di benigna letizia, in atto pio, Quale a tenero padre si conviene. Ed: Ella ov’è? di subito diss’ io; Onde egli: a terminar lo tuo desiro Mosse Beatrice me del luogo mio: 66 E se riguardi su nel terzo giro Del sommo grado, tu la rivedrai Nel trono che i suoi merli le sortiro. 69 Senza risponder gli occhi su levai, E vidi lei che si facea corona Riflettendo da sè gli eterni rai. 72 Da quella region, che più su tuona, Occhio mortale alcun tanto non dista, Qualunque in mare più già s’abbandona, 75 Quanto da Beatrice alla mia vista: Ma nulla mia facea; chè sua effige Non discendeva a me per mezzo mista. 78 O Donna, in cui la mia speranza vige, E che soffristi per la mia salute In Inferno lasciar le tue vestige; 81 Di tante cose, quante io ho vedute, Dal tuo potere e dalla tua bontate Riconosco la grazia e la virtute. 8 Tu m’hai di servo tratto a liberiate Per tutte quelle vie, per tutti i modi,