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il più bel giorno della vita. |
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gno» m’ha fatto venir freddo; non avevo avuto mai
tanta paura di restar segregato in quartiere, e per
tutto quel giorno rigai diritto che parevo il primo soldato
del battaglione. All’ora solita esco, e quasi senza
accorgermene, di passo in passo, mi ritrovo in quella
strada. Avevo quasi paura a andare avanti, veda un po’!
Camminava impacciato come se avessi avuto le gonnelle.
A una certa distanza, vedo uscire molte ragazze da
quella casa, mi fermo, osservo, e capii che ci doveva
essere una sarta. Tre o quattro si fermano in mezzo alla
strada e guardano ridendo dentro la porta, come se
aspettassero qualcuno che non vuole uscire. Finalmente
esce un’altra ragazza, era lei; esce in fretta e infila la
strada dalla mia parte, rasento il muro, colla testa bassa,
come se avesse vergogna. Le altre ragazze la guardavano
e ridevano. Mi accorsi che ridevano del modo con cui era
vestita; essa pareva quasi una povera, e le altre, signorine;
camminava a passi corti corti, forse per non far
vedere gli stivaletti, e io m’accorsi ch’eran sdruciti
sulla punta; e avea il viso quasi coperto dal fazzoletto
che teneva fermo sotto il mento con una manina magra
e pallida. Venne innanzi sempre più in fretta, e appena
mi vide diventò rossa come il fuoco. Mi si strinse il
cuore, e sentii una compassione tanto forte di quella povera
giovane che, non so come, mi venne un’idea....
Doveva passare fra me e il muro; c’era una grossa pietra,
mi chinai, la presi, la buttai in disparte, feci un
passo indietro, ed essa passandomi davanti come una
freccia, mi guardò e disse: — grazie. — Ed io restai là
sbalordito a guardarla mentre s’allontanava. Ad un
tratto sento ridere qualcuno dietro di me, mi volto e
vedo un giovane, un signore, che andava in fretta dietro
la ragazza, guardando per terra. Non c’era altri nella
strada: aveva riso di me. Gli tenni dietro coll’occhio,