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Lezione XXI

[FARINATA]


Prima di gittarci nella vita reale, giovani ancora, vi ha due epoche storiche che ci appariscono cinte d’un’aureola di poesia. La prima è la storia greco-romana obbietto de’ nostri primi studii. Noi abitiamo in Grecia e in Roma prima ancora di conoscere il nostro paese; e quelle istituzioni tanto dalle nostre difformi e que’ caratteri e que’ fatti tanto piú ammiriamo quanto meno comprendiamo. La scienza è verso la poesia quello che ha toccato giá dell’occhio materiale: piú voi mostrate all’occhio e piú togliete alla fantasia, e piú si avanza la scienza e piú indietreggia la poesia. E nondimeno nella storia antica è tanto tenace poesia che ella resiste ancora a tutti gli sforzi della scienza, né la critica storica dissolvente che da Vico in qua ha tentato di spoetizzarla, ha potuto menomare la nostra fede nel vecchio Omero o nel savio Numa Pompilio. E noi ci siamo appassionati per questi fatti e nelle scuole abbiamo preso parte chi per Roma e chi per Cartagine, chi per Sparta e chi per Atene, chi per Cesare e chi per Pompeo. E i nostri primi amici sono Orazio, Ovidio e soprattutto Virgilio; e il primo sentimento che in noi si è destato di ammirazione per l’eroica virtú ce lo ha ispirato Socrate o Catone, e le prime dolci lacrime che ci hanno annunziato che tutti nasciamo buoni ce le hanno fatto versare Lucrezia e Virginia. L’impressione che gli studii classici hanno fatto sulla giovane mente di Dante è visibile; e se egli dee scegliere un compagno che lo guidi nel regno invisibile, accanto a Beatrice gli si affaccia