Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/185

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una «storia della letteratura» di cesare cantú i79

le benefiche virtú, il ben usato valore». Invece, soggetto del suo poema è l’adulazione, «adulazione bassa a principi immeritevoli, e per la quale inventa quegli Enrichi, quegli Azzi e quegli Ughi, che mai non esistettero se non forse nelle elucubrazioni di qualche genealogista».

Eccolo ora addentrarsi nel poema, e tutto trova a biasimare. Orlando dovrebbe essere l’Achille, l’eroe principale; ma vi fa una meschina comparsa. Comincia da «vagheggino»; abbandona Carlo al maggior bisogno; «le sue pazzie il rendono un flagello di Francia; senza di lui si vince la guerra;... non una battaglia dirige non un assalto»; e le maggiori imprese le vince per via di prodigi, come avviene de’ paladini e degli altri guerrieri. Carlo Magno è «amico del far nulla», senza carattere proprio; si lascia insultare e corbellare; comanda e non è ubbidito, somiglia a «tralignato rampollo di razze vecchie».

La veritá storica vi è sempre oltraggiata. Trasporta tra’ Mori l’amicizia di Niso ed Eurialo sotto i nomi di Clondano e Medoro; fa vagare Angelica e Marfisa con una libertá difforme dagli usi orientali. Parigi non era allora «cittá di conto, né fu mai assediata da’ Mori, né i Mori aveano in mano Gerusalemme», né allora era fondato il regno d’ Ungheria, e parimente «son baie l’imperator greco Costantino e suo figlio Leone».

L’Ariosto inventa palagi contro ogni regola d’architettura, e pitture che contro ogni regola esprimono azioni successive. «Conducendo Astolfo nella luna, falla negli elementi della cosmogonia» e fa mal governo dell’astronomia; crede la luna lucente per sé ed eguale o poco minor della terra.

La cavalleria era allora cosa seria; come poteva egli porla in discredito? In un canto se ne beffa, in un altro ne parla seriamente : ride «fra carneficine di ottanta e centomila il giorno».

Gli dan lode d’ immaginoso; ma le sue favole erano giá state ordite da altri, né egli le ha sorrette con l’allegoria, come fa il Boiardo:

Comincia con versi di Dante, finisce con versi di Virgilio; da’ predecessori imitò i rapidi e crudi passaggi, e la sconnessione e il mancar d’un cominciamento e d’uno snodo.