Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
298 | saggi critici |
che spieghi questa impressione? Forse in quel brusco: «chi tur li maggior tui»? o in quell’atto cosí significativo di altero corruccio: levar le ciglia in su? o forse in quell’unificare ch’ei fa sé e i suoi « primi » e sua parte, come fosse una sola anima e una sola passione? o in quel verbo, piantato li in ultimo, solitario e staccato, che nella sua sprezzante rapiditá ricorda il «veni, vidi, vici» di Cesare? In tutto questo, o piuttosto nel fondo stesso della concezione saputa afferrare di un getto da cui scaturisce tanta maraviglia ed evidenza di stile, in quel misto di passione e di forza in che è posto il carattere di Farinata. Di qui tanta concordanza di gesti e di parole che si cementano a vicenda: i gesti brevi e precisi; il dire rotto, brusco, imperativo, di un uomo d’opera e di comando; è la forza che si manifesta nella veemenza della passione, senza moti incomposti o esagerati, senza jattanza, con quella sicurezza che ha l’uomo serio quando parla di sé. Troviamo ora nelle parole e riconosciamo quel Farinata, che ci parve nella figura si grande, superiore all’inferno.
Dante, abbiamo detto, avea in sé del Farinata. Questo uomo, tutto rimpicciolito innanzi a quella grande figura, estatico, ubbidiente, quando ode oltraggiare la sua famiglia, sia pure quegli che parla un Farinata, sente ribollirsi nelle vene il sangue de’ padri suoi, e ci apparisce anch’egli colossale e sta a paro con Farinata. Abbiamo tanta miseria di comentatori che qui si sentono impacciati, e disputano se Dante era guelfo o ghibellino quando Farinata gli parlava, e come, essendo i suoi antenati guelfi e lui un ghibellino, possa qui farsi difensore della causa guelfa. O i comentatori politici! Dante è qui né guelfo, né ghibellino; Dante è figlio, né ci è cosa tanto commovente quanto questo Dante che, innanzi al nemico della sua famiglia e che la sta sopra col piede, obblia il suo partito e sé stesso, e diviene il padre suo e risponde:
S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogni parte . . . . . . . . . . . . l’una e l’altra fiata; Ma i vostri non appreser ben quell’arte. |