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ugo foscolo 99


La sua fama destava giá invidia; l’Italia era sempre la terra degli eruditi, e gli negavano dottrina pari all’ingegno; poi ci era Monti che l’offuscava col suo nome. Le preoccupazioni di Foscolo divennero principalmente letterarie; attese agli studii, e contesogli di far cose grandi, volle stabilire la sua fama con gli scritti. Al suo volgarizzamento della Chioma di Berenice appose un Comento, sfoggio di erudizione peregrina a confusione dei presuntuosi suoi invidi, ch’egli chiamava pedanti; e poi che Monti traduceva l’Iliade, tentò anche lui una traduzione che chiamò poi Sperimento. Convocati i Comizii a Lione, scrisse per commissione un’orazione che non fu recitata, senz’altro serio scopo che letterario. Vi trovi amare veritá intarsiate abilmente di lodi a Napoleone, con giavitá e altezza d’idee nella loro generalitá coraggiose senza pericolo, e con pompa e artificio di stile che scopre piú il letterate che l’uomo politico.

La societá cominciava dunque a domesticare questo uomo. Se non era «cortigiano in maschera di Catone», secondo la frase dispettosa di Monti, si acconciava alla necessitá della vita e agli usi e alle convenienze, pur borbottando, e con una certa mala grazia, come chi patisce violenza. L’idea della vita, quale natura ed educazione gli avevano formata, rimaneva intatta; voleva in quella sua febbre di gloria passare alla posteritá non solo per i suoi scritti, ma ancora per l’eroica integritá del carattere: sentimento vólto facilmente in ridicolo presso un popolo, nel quale da piú secoli il pensiero era separato dalla vita. E se era costretto a far gl’inchini d’uso e a stringer la mano a persone che in cuor suo pregiava poco, se aveva lasciata la posa tribunizia di Niccolò Ugone, se mostravasi meno intollerante in un mondo, nel quale gli era pur forza di vivere, non per questo faceva getto della sua dignitá personale; e nella sua povertá, fra gli acuti stimoli di una natura dissipata e rigogliosa, avida di piaceri, tirata al magnifico, quando con un po’ di rimessione e di «saper vivere» era cosí facile arricchire, volle rimaner sul suo piedistallo, come un eroe di Plutarco. Questa alterezza morale era rimprovero alla mediocritá, e non glie la sapevano perdonare, e l’imputavano a vanitá, e, non potendo