Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/12

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6 saggi critici

luoghi piú montuosi e piú sterili, che nelle pianure e regioni sue piú fertili, né sottoposta ad altro imperio che de’ suoi medesimi, non solo era abbondantissima d’abitatori, di mercatanzie e di ricchezze, ma, illustrata sommamente dalla magnificenza di molti principi, dallo splendore di molte nobilissime e bellissime cittá, dalla sedia e maestá della religione, fioriva di uomini prestantissimi nell’amministrazione delle cose pubbliche, e d’ingegni molto nobili in tutte le dottrine e in qualunque arte preclara e industriosa, né priva, secondo l’uso di quell’etá, di gloria militare; e ornatissima di tante doti, meritamente appresso a tutte le nazioni nome e fama chiarissima riteneva.

Le paiole del Guicciardini si riferiscono proprio al momento della crisi, quando Lorenzo de’ Medici, Ferdinando d’Aragona e Innocenzo VIII scomparivano dall’orizzonte ed entravano in iscena i Borgia, Alfonso d’Aragona e Ludovico il Moro, e Carlo VIII calava dalle Alpi, iniziando un moto che dovea finire con la soggezione d’Italia a signoria straniera. E dapprima non mancarono le illusioni. A Venezia si diceva che Carlo veniva «a vedere» l’Italia. I nostri scaltrissimi uomini di Stato confidavano di potere con l’ingegno e con l’astuzia vince; e quella forza barbara, e, alla peggio, opporre stranieri a stranieri, e rintuzzare gli uni contro gli altri. Tutti vedevano il pericolo, tutti proponevano i rimedii, e non si venne a capo di nulla. Non mancarono le idee, mancò la volontá e la forza di attuarle. Arguti i discorsi, stupendi gli scritti, fiacche le opere: tutto si ridusse In tentativi infelici e isolati, senza eco, senza espansione. Atti eroici non infrequenti, ma di singoli individui e di singole citta: nulla che rivelasse vita collettiva e nazionale. E cosí non ci fu riforma, e non lega italica, e non milizie nazionali, e non «buoni ordini» e non «buone armi», e tutto restò nelle parole e negli scritti. Discutendo, scrivendo, l’Italia fini facile preda dello straniero.

Questa singolare impotenza italica In mezzo a tutte le apparenze della grandezza e della potenza certifica un male piú profondo che non pareva a’ contemporanei, e non è parso poi Biasimiamo pure il tradimento di Ludovico, o la perfidia de’