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l’uomo del guicciardini 2i

barbari, e il mondo liberato da’ preti, non sono in lui sentimenti vivi e operosi, ma opinioni e idee astratte, e quello solo che sente, quello solo che lo move, è «il suo particulare». La lotta era accesa in Germania per la riforma religiosa e si stendeva nelle nazioni vicine, e non mancavano «pazzi» tra noi che per quella combattevano e morivano; in Italia si combattevano le ultime battaglie della libertá e dell’indipendenza nazionale; il paese si dibatteva tra svizzeri, spagnuoli, tedeschi e francesi; e il nostro savio non pare abbia anima d’uomo, e non dá segno quasi di accorgersene e non se ne commove, e libra, e pesa, e misura quello che gli noccia o gli giovi. La vita è per lui un calcolo aritmetico.

L’Italia peri perché i pazzi furono pochissimi, e i piú erano i savii. Cittá, principi, popolo, rispondevano all’esemplare stupendamente delineato in questi Ricordi. L’ideale non era piú Farinata, erano i Medici; e lo scrittore di questi tempi non era Dante, era Francesco Guicciardini. La societá s’era ita trasformando: pulita, elegante, colta, erudita, spensierata, amante del quieto vivere, vaga dei piaceri dello spirito e della immaginazione, quale tu la senti ne’ versi di Angiolo Poliziano. Ogni serietá e dignitá di scopo era mancata a quella insipida realtá. Patria, religione, libertá, onore, gloria, tutto quello che stimola gli uomini ad atti magnanimi e fa le nazioni grandi, ammesso in teoria, non aveva piú senso nella vita pratica, non era piú il motivo della vita sociale. E perché mancarono questi stimoli, i quali soli hanno virtú di mantener vivo il carattere e la tempra delle nazioni, mancò appresso anche ogni energia intellettuale ed ogni attivitá negli usi e ne’ bisogni della vita, e il paese fini in quella sonnolenza, che i nostri vincitori con immortale scherno trasportarono ne’ loro vocabolarii e chiamarono il «dolce far niente».

Un individuo simile al nostro savio può forse vivere; una societá non può. Perché a tenere insieme uniti gli uomini è necessitá che essi abbiano la forza di sacrificare, quando occorra, anche le sostanze, anche la vita; e dove manchi questa virtú o sia ridotta in pochi, la societá è disfatta, ancoraché paja viva.