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22 saggi critici


Questa forza mancò agl’Italiani, simili in gran parte a quel romano ricchissimo, che non volle spendere cento ducati per la comune difesa, e nel sacco di Roma perdette l’onore delle figliuole e gran parte della sua fortuna. Questa forza mancò, perché le idee che mossero i loro maggiori erano esauste, succeduta la stanchezza e l’indifferenza, e in tanta cultura e prosperitá la tempra, la «stoffa dell’uomo» era logora, mancala quella fede e caldezza di cuore che «conduce le cose grandi che può comandare ai monti, come dice l’Evangelo, o, se vi piace meglio, può rendere facili e dolci i piú duri sacrificii. Che cosa rimaneva? La saviezza del Guicciardini. Mancata era la forza; supplí l’intrigo, l’astuzia, la simulazione, la doppiezza. E pensando ciascuno «al suo particulare», nella tempesta comune naufragarono tutti.

Come erano rimpiccoliti gl’Italiani e in quanta fiacchezza erano caduti, quali erano i disegni, i desiderii fra tanta tempesta, può far fede la descrizione che fa il Guicciardini dell’animo de’ suoi concittadini, ne’ quali era pur rimasta tanta virtú che valse a farli cadere con lode.

La consuetudine nostra, fa dire a loro lo storico, non comportava che s’implicassi nella guerra tra questi principi grandi, ma... attendessi a schermirsi e ricomperarsi da chi vinceva secondo le occasioni e le necessitá. Non era uficio nostro volere dare legge a Italia, volerci fare maestri e censori di chi aveva ad uscirne: non mescolarci nelle quistioni de’ maggiori re de’ cristiani: abbiamo bisogno noi d’intrattenerci con ognuno, di fare che i mercatanti nostri, che sono la vita nostra, possino andare sicuri per tutto: di non fare mai offesa a alcuno principe grande, se non costretti e in modo che la scusa accompagni l’ingiuria, né si vegga prima l’offesa che la necessitá. Non abbiamo bisogno di spendere i nostri denari per nutrire le guerre di altri, ma serbargli per difenderci dalle vittorie; non per travagliare e mettere in pericolo la vita e la cittá, ma per riposarci e salvarci1.



  1. Ricordi autobiografici, pag. 2ii