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56 | saggio critico sul petrarca |
è ora espresso con poetica leggiadria: Dante ha innanzi non un pensiero astratto, ma una forma:
Negli occhi porta la mia donna Amore, Per che si fa gentil ciò ch’ella mira: Ove ella passa, ogni uom vèr lei si gira, E cui saluta fa tremar lo core... Ogni dolcezza, ogni pensiero umile Nasce nel core a chi parlar la sente, Ond’è beato chi prima la vide. Quel ch’ella par, quando un poco sorride, Non si può dicer, né tenere a mente, Sí è novo miracolo e gentile. |
Lo stesso concetto trovate in parecchi sonetti, e sopra tutti in uno celebrato per l’eccellenza della forma, che lo avvicina a’ migliori del Petrarca:
Tanto gentile e tanto onesta pare La donna mia, quand’ella altrui saluta, Ch’ogni lingua divien tremando muta, E gli occhi non ardiscon di guardare. Ella sen va, sentendosi laudare, Umilemente d’onestá vestuta, E par che sia una cosa venuta Di cielo in terra a miraeoi mostrare. Mostrasi si piacente a chi la mira. Che dá per gli occhi una dolcezza al core, Che ’ntender non la può chi non la pruova. E par che della sua labbia si muova Uno spirto soave, pien d’amore, Che va dicendo all’anima: sospira |
La donna come tipo convenzionale, ornata di tutta perfezione, era fin qui un pensiero crudo e magro, fabbricato a priori, estraneo alle impressioni immediate del poeta. Dante è il primo che le dá, non dico un nome, che sarebbe nulla, ma una forma: finora avevamo donne anonime, concetti, anzi