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iii. il mondo di petrarca | 57 |
che persone: Beatrice è la prima donDa poetica che comparisce sull’orizzonte. E l’amante ne fa una giovinetta, o piuttosto un’angioletta, scesa pur mo dal cielo, che, rapita in Urica beatitudine, racconta ella stessa le sue bellezze con l’ingenuitá e la grazia di una fanciulla:
Io mi son pargoletta bella e nova, E son venuta per mostrarmi a vui Delle bellezze e loco, dond’io fui. Io fui del cielo, e torneròwi ancora, Per dar della mia luce altrui diletto, E chi mi vede e non se ne innamora, D’amor non averi mai intelletto... Ciascuna stella negli occhi mi piove Della sua luce e della sua virtute: Le mie bellezze sono al mondo nove, Perocché di lassú mi son venute... Queste parole si leggon nel viso D’un’angioletta, che ci è apparita: Ond’io, che per campar la mirai fiso, Ne sono a rischio di perder la vita... |
Quest’angioletta fu per Dante una momentanea apparizione, a guisa di un sogno d’un quarto d’ora che si perpetua nella memoria. Quell’immagine diviene la sua orifiamma, intorno alla quale raccoglie il suo universo; ella resta Beatrice, ed è insieme teologia, filosofia, grazia, amore, politica, tutta quella vasta sintesi che abbraccia l’anima del poeta. Questa è la Beatrice della Divina Commedia; che troviamo ancora nella sua lirica dove piange la sua morte. Né il suo genio si è spiegato mai con tanta forza, che ora che è impressionato dal dolore. Dante non ha né la dolce malinconia del Cavalcanti, né la tenerezza un po’ molle del Petrarca; ha un dolore virile, ingrandito dalla possente immaginazione, e mescolato di una certa fierezza; la lagrima gli scappa, ma presto l’asciuga, e sembra, non che se ne paoneggi come il Petrarca, ma che quasi ne abbia onta. L’espressione del dolore è gigantesca,