Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/55

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— È questo.... è questo.... l’uccellino?... — chiese balbettando l’orribile donna: e guardò con tenerezza il piccolo abbandonato. — Fammi vedere la tua faccina, che tu sii benedetto! È bello come una stella, in verità santa! E lui non lo vuole? Ebbene, Tatàna Atonzu, raccoglilo tu, raccoglilo come un confetto....

Si avvicinò e baciò Anania, che torse il viso con disgusto perchè l'enorme bocca della donna puzzava d’acquavite e di vino.

— Zia Nanna, — disse Bustianeddu, facendo cenno di bere, — oggi l’avete presa giusta!

— Co.... co.... cosa hai tu? Che fai qui? Moscherino, povero orfano, va’ a letto.

— Anche tu dovresti andare a letto! — osservò zia Tatàna. — Andate, andate via tutti e due: è tardi.

Spinse dolcemente l’ubriaca, ma prima d’uscire ella chiese da bere. Bustianeddu riempì d’acqua una scodella e gliela porse: ella la prese con buona grazia, ma appena v’ebbe guardato dentro, scosse il capo e la rifiutò.

Poi andò via traballando. Zia Tatàna mandò via anche Bustianeddu e chiuse la porta.

— Tu sarai stanco, anima mia; adesso ti metterò a dormire, — disse ad Anania, conducendolo in una grande camera attigua alla cucina e aiutandolo a spogliarsi. — Non aver paura, sai; domani tua madre verrà, o andrèmo a cercarla noi. Sai farti il segno della croce? Sai il Credo? Sì, bisogna recitare il Credo tutte le notti. Poi io ti insegnerò tante al