Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/147

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Fiore aveva criticato i vestiti di Columba secondo lei poco adatti per la sposa d’un vedovo.

Il vecchio masticava il pane duro coi suoi denti intatti e rispondeva con sarcasmo che pareva sdegno d’uomo superiore per tutte le meschinità dei suoi simili.

— Giuseppa Fiore è come la lumaca; striscia e lascia la bava dove passa. Il dottore? Adesso, adesso lo legheremo con corde di pelo e gli metteremo le pastoie, a quel vecchio cavallo matto!

Solo quando si parlò di Zuampredu Cannas il suo viso aspro si raddolcì e la sua voce diventò grave.

— Egli è buono, nipote mia; sì. hanno ragione di lodarlo: che ti importa se è vedovo? Egli ti rispetterà doppiamente perchè penserà: «se io la maltratto ella dirà che la mia prima moglie ha fatto bene a morire!...»

— Eppoi non ha figli, — aggiunse Banna, alzandosi per andarsene, è come che sia scapolo. Eppoi è per invidia che parlano!

Rimasti soli, il vecchio e la fanciulla stettero alcuni momenti in silenzio. Nel cortile s’udiva il cavallo ruminare il fieno fresco e battere di tanto in tanto una zampa sul selciato; solo quel rumore interrompeva il silenzio della sera. Il vento taceva, ma le notti erano ancora troppo fresche perchè la gente si riunisse nella strada.

Il vecchio si curvò, prese rapidamente con due dita una piccola brage e la mise entro la sua pipa nera; indi strinse il bocchino fra i denti e guardando se il tabacco s’accendeva disse:

— Sì, il dottore è stato sempre un pazzo; se però queste cose le fan gli altri, lui balza sopra una cima e comincia a urlare come un cane....

Ma Columba era distratta: sedette sulle calcagna, davanti al vecchio, rattizzò il fuoco, e senza sollevar gli occhi mormorò: