Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/159

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lavano davanti al Cristo, s’inginocchiavano, giuravano di deporre ogni odio, ogni idea di vendetta, baciavano i piedi insanguinati del Signore, poi uscivano nello spiazzo erboso, ballavano e mangiavano, guardando con diffidenza colui col quale avevano giurato di far pace!

La corrente dei ricordi trasportava il vecchio: e come l’acqua dei fiumi al crepuscolo anche quei ricordi avevano riflessi azzurri e riflessi rossi, chiarori lattei e ombre nere.... Egli era convinto di non aver fatto male a nessuno. Si era difeso, soltanto, come deve fare l’uomo veramente uomo. A un tratto sorrise, sotto la bisaccia, mentre il cavallo nel cortile, svegliatosi anch’esso dopo breve sonno, ruminava di nuovo l’erba, e qualche vago rumore vibrava tra il vento che andava calmandosi.

Il ricordo doveva esser piacevole. Il vecchio vedeva ancora una chiesa, ma non quella delle «paci». Un Cristo nero guardava dal pulpito e pareva fosse lui a parlare.

«Qui, qui, in questa chiesa, c’è qualcuno che come Giuda pensa a tradire il suo fratello....» E Innassiu Arras piangeva. Era il ricordo più comico che ziu Remundu potesse evocare....

Eppure, come è vero Cristo, dopo quella volta non gli ho più voluto male. Sarebbe come voler male a Dionisi Oro il pezzente!...

Eppure!... Il ricordo del mendicante lo scosse dal dormiveglia in cui era già ricaduto. Qualcosa di sgradevole, come un urto improvviso, lo scosse. La barca era arrivata all’altra riva; bisognava balzare a terra, tornare al presente, alla realtà. La voce di Columba risuonò ancora, triste e fredda: «Io penso, babbu Corbu.... che possa essere stato anche Dionisi Oro.... Perchè non fate cercare ancora?...»