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— Giusto, — disse Jorgj mettendosi una mano sotto la guancia, — fra un mese è la sua festa; ci andrai?

Per tutta risposta l’uomo cominciò a baciare con fervore la medaglia di San Francesco, brontolando parole di tenerezza.

— Va’, va’ alla festa, Dionì! Ma non offendere San Francesco perchè è un santo vendicativo. Non entrare nella sua chiesa con intenzione di ingannarlo: perchè se tu hai rubato egli lo sa, se tu hai offeso Dio lui lo sa. È terribile, quel piccolo uomo; dicono che fa persino morire all’improvviso i peccatori che entrano nella sua chiesa.

Ma Dionisi a sua volta scuoteva la testa e stringeva le labbra: finalmente dopo averci pensato bene disse:

— T’inganni, cuoricino mio. Ma se là vanno i più famosi banditi? E allora quanti ne morirebbero in quella chiesa?

Jorgj le fissava. Voleva tentare una prova.

— Dionisi, — gli disse ad un tratto, — ma è vero che tu credi all’inferno?

— Non c’è altro, cuoricino mio! Inferno qui, inferno là!

— Senti cosa ho sognato stanotte; avvicinati, non farmi gridar tanto. Dunque senti, mi pareva d’esser già morto, e camminavo per arrivare al cielo. Era una strada in salita, accanto a un torrente, come su Monte Albo, mettiamo. E va e va non arrivavo mai; ecco a un tratto però vedo un frate scender giù e venirmi incontro. Era San Francesco. Dove vai? mi domanda. Glielo dico e lui comincia a ridere. Vieni con me, dice, ti farò vedere una cosa. E mi fa cambiar strada e mi conduce in un posto bellissimo sotto un pergolato carico di grappoli neri. Siediti, mi dice, e mangia di quest’uva, così vedrai perchè

Deledda, Colombi e sparvieri. 13