Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/268

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— Venite, venite, andiamo, — proseguì il vecchio imperturbabile, facendo cenno con la testa a Columba di alzarsi e di incamminarsi. — lì qui a due passi. C’è anche un vostro vicino di casa.

— Chi? chi?

— Come, non lo sapete? Dionisi Oro.

Columba trasalì, ma il nonno disse con disprezzo: — Bel vicino! Il barone di Siniscola! Che fa lì?

— Tu lo sai meglio di me; è malato e s’è confessato: come si fa a cacciarlo via? Andiamo, su; tanto, a voi tutti, che importa del suo debito?

Il nonno lo afferrò per le braccia, fissandolo con gli occhi ardenti dell’antica fiamma. Un solo sguardo bastò ad entrambi per capirsi.

— Innassiè, che debiti può avere un pezzente?

— Remundè, — rispose il vecchio Arras ricambiandogli il diminutivo, — tu lo sai meglio di me.

— E tre! — gridò il nonno lasciandolo libero e incrociando nervosamente le braccia sul petto. E scuoteva la testa in segno di sarcastica approvazione. — Malanno! Io lo so meglio di te; ma che cosa?

Ziu Arras guardò Columba che era balzata in piedi appoggiando una mano al tronco della quercia, e ammiccò accennandole il nonno, quasi volesse dirle: come sa fingere!

Certo, se il nonno fingeva, fingeva bene; mentre Columba, che aveva capito tutto fin dallo prime parole del vecchio, tremava visibilmente appoggiandosi alla quercia per non cadere.

Zuampredu s’era messo davanti a ziu Arras squadrandolo con curiosità.

— Se davvero non lo sai, — riprese questi, sempre strizzando l’occhio e rivolgendosi di tan-