Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/228

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178 note


zo, ed. da Perino nel 1891, è dedicato «Alla contessa Elda di Montedoro in segno d’affettuosa gratitudine». Tale era lo pseudonimo di Epaminonda Provaglio, direttore — come s’è detto — dell’Ultima moda, col quale la giovine scrittrice ebbe dall’isola frequente carteggio ignorando per un po’ di tempo sesso e carattere del suo corrispondente. «Hai ragione su quanto mi scrivi circa il mio modesto romanzo», scriveva la D. alla immaginaria Elda, «mi correggerò sempre più sui difetti che ti son gratissima di avermi indicato, ma permettimi che io non accetti l’inverosimilità dei capitoli in cui Lara e Massimo si trovano insieme per quasi una notte intera senza che per ciò accadesse qualche guaio... È vero: la virtù di Lara è un po’ troppo invulnerabile, un po’ troppo fenomenale [a pag. 101 di Cosima, conviene sul carattere libresco di quegli amori e immaginario di quei convegni notturni], ma dimmi, se Lara non fosse stata così si sarebbe poi meritata il nome di Fiore che ho messo per titolo alla sua storia? E che mi dirai se ti assicuro che la tela di quel convegno io la ho rubata dalla lettera di un giovine scritta ad una fanciulla pallida e triste come Lara, il giorno dopo una notte passata insieme così, in un angolo di cortile, sotto un mantello, e senza alcun danno?... Oh, Elda, Elda! Tu l’hai detto: io conosco profondamente il cuore umano e, benché sia molto giovine, forse non ho più nulla a imparare su ciò: i personaggi del mio racconto non sono esistiti, ma le passioni che ho descritto sono quasi generali in tutti, ed io non ho dovuto che semplicemente studiare intorno a me, dentro di me, nel libro della vita...». Lettera del 16 gennaio 1892 pubbl. in Quadrivio, 23 agosto 1936.

La Deledda rifiutò sempre di ristampare quel suo romanzo giovanile e s’imbronciava a sentirselo ricordare. Fu spesso ristampato alla macchia.


Pag. 100.

«Le farò la mia silhouette in due o tre righe. Ho vent’anni e sono bruna e un tantino anche... brutta, non tanto però come sembro nell’orribile ritratto posto in prima pagina di Fior di Sardegna... Sono una modestissima signorina di provincia, che ha molta volontà e coraggio in arte, ma che nella sua vita intima, solitaria e silenziosa, è la più timida e mite ragazza del mondo». Lett. a E. Provaglio, 15 maggio 1892 (Quadrivio, num. cit.).

Molte volte, col favore della terza persona romanzata, la D. tornerà a delineare il proprio ritratto fisico e morale intorno a