Pagina:Dell'obbedienza del cavallo.pdf/198

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170 Parte

nelle altre azioni indicate nel Capitolo secondo sopraddetto, prima scosso di peso. Divenuto capace di eseguirle anche con esse, con la testa e collo voltati all’una, e all’altra parte, vi metto l’uomo sopra, tenendoli le corde fino a tanto che il Polledro non intenda anche la chiamata sua, ed allora lasciatoglielo in libertà, fo sì, che l’uomo da Cavallo continui l’istessa irregolarità che io ho usato, con le corde da terra, coll’interrompere un’azione coll’altra irregolarmente e senz’ordine, perchè il Polledro non possa saper mai ciò che da esso si vuole, e però sia obbligato a star sempre vigilante, e in attenzione della chiamata, e cominci così ad avvezzarsi di buon’ora ad un’obbedienza cieca e subordinata, e non ad agire per pratica, come fanno quelli ai quali non è mai cambiata lezione nè luogo, i quali levati da essa non sono capaci di far altro.

E di fatto come è mai possibile, che un Polledro, che non è in grado di eseguire le azioni più semplici in quiete, e adagio adagio e con tutta la flemma sul passo, possa supplire a quelle (che sono più difficili) di trotto, e di galoppo, con giustezza e prontezza, come se fosse Cavallo fatto, e come è la presunzione di non pochi, e in specie dei giovani, e di chi senza cognizion di causa si dà ad intendere di sapere?


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