Pagina:Delle notti di Young traduzione di Giuseppe Bottoni e del Giudizio universale dello stesso Young.djvu/33

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NOTTE. 7

Ciò che unirsi non puote, unir volea;
A ciò, ch’esser non può, volea dar vita.
Insensato! A me stesso io già promisi
215Stabil piacer nell’incostante mondo;
Giorni sereni, e lieti in mezzo ai tanti
Perigli della vita; un ben costante
Sovra i torbidi flutti. Oh qual la mia
Giovinezza abitò mondo d’incanti!
220Quai ricche tinte il mio pensier prestava
Agli oggetti! Nè a me s’offrian sul Globo
Che ridenti pitture, e varie, e vaghe
Prospettive, piaceri ad altri uniti
In ben lunga catena, in ordin vario.
225Come il serico verme, anch’io godea
Di chiudermi in quel vel tutto tessuto
Dalla propria follia. Lo resi io stessa
Denso cosi, che alla ragion la vista
Togliea del Ciel, del vero; il di cui lume
230Perdendo a gradi, e da me fatto cieco,
Nel tenebroso error mio brancolando,
Senza posa accresceva i giri, i nodi
Di mie ritorte. Idolatrava il mio
Errore. Il mondo, ed il mio core, uniti
235Strettamente tra lor, resi incapaci
Eran di separarsi. Io mi pascea
Di folle speme in ricercar tra noi
Vera felicità.... Quando ad un tratto
Desto mi sono al penetrante suono
240Del funebre metallo, il qual non cessa
Di suonar sempre, e d’inviar non manca
Gli uomini a mille a mille al tetro altare
Dell’insaziabil Morte. Orror, spavento
Mi sorprese in destarmi; in me lo sguardo
245Volsi, e fremei nel rimirar me stesso
Già semivivo. Immaginarj beni,
Dolce illusion, che diveniste mai?
Di quello Impero sì brillante, e vasto,
U’ l’alma mia sedea quasi sovrana,
250Or che le resta? Una terrestre e frale