Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/547

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capitolo lx 537

banditi andarono subito a svegliare il leardo, spogliandolo di tutto ciò che portava nelle bisacce e nel valigiotto; e fu buona ventura di Sancio che teneva a cintola gli scudi del duca, ed anche quelli che aveva recati dal suo paese. Non l’avrebbe con tutto questo passata netta, e sarebbe stato frugato sino tra pelle e carne, se per migliore sua fortuna non fosse sopraggiunto il capo dei banditi, uomo di oltre trent’anni, robusto, di guardatura grave e di color bruno. Avanzavasi sopra poderoso cavallo, con fino giacco indosso e con ai lati quattro pistoletti, che in quel paese si chiamano pedregnali. Vide che gli scudieri (chè così sogliono chiamare i loro compagni) si affaccendavano a spogliare Sancio Panza, e tosto comandò che desistessero. Fu ubbidito, e il valigiotto restò illeso. Gittò poi gli occhi ad un albero vicino, e vi osservò con maraviglia appoggiata una lancia e vide uno scudo in terra; indi guatò don Chisciotte tutto pensieroso, e ch’era la più mesta e malinconiosa figura che potesse mai formare la stessa malinconia. Gli si accostò, e disse: — Non istate di tanta malavoglia, galantuomo, chè non siete già caduto nelle mani di qualche crudele Osiride, ma in quelle di Rocco Ghinart, il quale seconda più gl’impulsi della compassione che quei del rigore. — Non procede la tristezza mia, disse don Chisciotte, dall’essere caduto in tuo potere, valoroso Rocco, la cui celebrità non conosce limiti, ma n’è cagione l’essermi per soverchia trascuratezza lasciato cogliere da’ tuoi soldati senza lancia, quando io era obbligato, conformemente alle leggi della cavalleria errante che professo, a vivere continuamente in veglia, per essere a tutte le ore la sentinella di me medesimo: perchè voglio che tu sappia, o gran Rocco, che se trovato mi avessero sul mio cavallo con la lancia e collo scudo imbracciato, non ti sarebbe riuscito sì agevole di fare che mi arrendessi: e basti il dirti ch’io sono don Chisciotte della Mancia, quegli che tutto l’orbe ha riempiuto di sue segnalate prodezze.„ Rocco Ghinart conobbe subito che l’infermità di don Chisciotte sapeva più di pazzia che di altro. Quantunque avesse udito mentovare più volte il suo nome, contuttociò non mai tenne per vere le sue bravure, nè si persuase mai che in corpo d’uomo allignasse cotal umore; di maniera che si compiacque all’estremo di essersi avvenuto in lui per conoscere da vicino ciò che di lontano erasi divulgato. Gli disse dunque: — Valoroso cavaliere, non vi sdegnate, nè ascrivete a nemica sorte la presente condizione vostra, perchè potrebbe darsi che la vostra torta fortuna in questi inciampi si raddrizzasse, mentre il cielo per istrani e non più visti rigiri non dagli uomini immaginati, suole sollevare i caduti e arricchire i miseri.„

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