Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/212

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Ah, era stata cattiva ed ingrata!... Ed ora?... Se egli non l'amasse più?... Se non tornasse?...

Si era allontanato, non rispondeva alla sua voce.... Anche lui, anche lui, voleva forse «piangere senza essere consolato»!...

Elena si rivolse al suo bimbo e disperatamente lo pregò:

— Cici, Cici mio, ritornami il tuo babbo!... Digli che non sia geloso di te!... Digli che mi perdoni, piccolo mio!

Il telegramma tanto atteso arrivò.

Carlo tornava la sera stessa. Indisposto, era stato ospitato da un amico. La corrispondenza gli era giunta in ritardo. A voce i particolari del triste viaggio.

Nell'ombra della sera tranquilla il giardinetto odora. La casa tutta ammantata di foglie rossastre, colle grandi finestre e le porte spalancate sulla valle, è immersa in una placida serenità, dolce come un invito.

Battista siede come sempre al solito posto in faccia ai monti che la sera ha tinto di viola.

Ad un tratto una finestra brilla, e nel vano luminoso due giovani figure appaiono. Una testa bionda si posa sulla spalla di Carlo, e le labbra di lui sfiorano quelle della sua donna. Prima incerte, esitanti.... poi, al tacito consenso, audaci, avide, ardenti, imperiose, suggenti